Riforma PD. Un passo in avanti deciso verso un partito realmente nuovo.
ll 12 settembre 2015, l’Assemblea regionale del Partito Democratico della Toscana ha iniziato la discussione su un documento riguardante la riforma del partito. Un progetto che sin dalla premessa si pone come scopo quello di ricreare senso di appartenenza forte all’interno del Partito Democratico, <<ricercare, a partire dai territori, quel filo rosso che tiene unita la nostra comunità di donne e uomini>>. Sempre nella premessa il Partito Democratico è definito come <<una forza politica riformatrice ed europeista che trova le proprie radici nella storia della sinistra italiana e del cattolicesimo democratico, ma insieme le reinterpreta, pensando al bisogno che abbiamo oggi di integrazione tra culture differenti, al riconoscimento dei nuovi diritti civili e al rispetto dell’ambiente>>. Ricreare insomma quel partito nuovo, presente nelle premesse del Partito Democratico, che però in questi otto anni di vita non è riuscito a realizzarsi a pieno. Un partito che deve però mantenere forte la propria <<vocazione maggioritaria>> intesa come <<lo sforzo di parlare a tutto il paese>>, ma non riferendosi soltanto al dato quantitativo dei voti presi, bensì <<soprattutto ad un salto qualitativo che ci renda protagonisti nella costruzione di una “riforma intellettuale e morale” in una società sempre più complessa e strutturata come una “rete”>>. Ed è proprio il concetto di partito “rete”, che definisce quale deve essere il ruolo del partito nella società e soprattutto quale deve essere la struttura del partito. Il passaggio <<da partito tradizionale basato sulla militanza attiva e di massa, a partito aperto che cambia insieme alla società e valorizza sia gli iscritti che gli elettori>>. Per compiere questo passaggio, però, <<è necessario innestare forme flessibili e orizzontali di sviluppo organizzativo secondo il modello della organizzazione “a matrice”, dove a fianco delle funzioni tradizionali del partito vengono integrati processi orizzontali e trasversali attraverso “tavoli” o focus group presenti ai vari livelli territoriali e gestiti con metodi partecipativi, che si riuniscono in maniera mirata o spontanea su progetti che hanno un obiettivo e un limite temporale>>. Proprio su questo punto si snoda il concetto più importante della proposta di riforma del partito. L’idea di un nuovo modo di organizzare l’attività di partito, ma soprattutto di realizzare formazione e informazione interna attraverso un metodo di successo, già sperimentato altre volte, come il sistema dei “tavoli tematici” e focus group. Questa trasformazione dell’attività interna al partito è resa sempre più essenziale dalla necessità di ridare forza alla formazione e all’informazione interna al Partito Democratico, che troppo spesso sono state completamente assenti. La formazione politica delle nuove classi dirigenti, in particolare, ricopre un ruolo fondamentale in questo progetto di riforma, che attraverso il consolidamento degli strumenti dei tavoli e dei focus group vuole attrarre competenze e capacità all’interno del partito. <<Le competenze quindi vanno cercate anche e soprattutto fuori di noi e attratte verso il Partito, mettendo in chiaro che si tratta di un luogo aperto e coinvolgente>>. Un progetto ambizioso, di cui i giornali hanno parlato spesso in modo strumentale, riducendo tutta la discussione al problema delle primarie, che in realtà non verranno modificate. Lo strumento di selezione della classe dirigente infatti rimarrà il sistema delle primarie, mentre ciò che invece si andrà a discutere sarà la distinzione dei ruoli tra candidato governatore, per quanto riguarda le regioni, e segretario regionale. Così facendo le due cariche verrebbero separate in modo netto ed elette in modo diverso, ma avrebbero anche compiti e finalità diverse. Cambiare quindi l’organizzazione delle attività e della formazione interna al partito e superare quella struttura gerarchica e verticistica retaggio di un società ormai scomparsa, sono le parole d’ordine di questo progetto, che vuole fare del Partito Democratico finalmente quel partito nuovo, che era ben presente nelle idee e nell’intento di coloro che si mobilitarono il 14 ottobre di 8 anni, ma che non è riuscito a realizzarsi nella realtà.
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